Bonsai o Shou Sugi Ban? No, Daisugi

Il bonsai è conosciuto per essere un alberello in miniatura in vaso. In realtà è molto di più, per il popolo giapponese è una vera e propria filosofia. Esiste una storia che avvolge e arricchisce tutta la cultura bonsai. Per dare un’immagine suggestiva, il bonsai per il Giappone è in sostanza un ESERCIZIO SPIRITUALE, E’ IL SIMBOLO VIVENTE DELL’ANIMA DELLA PERSONA CHE LO HA ACCUDITO.

Il popolo orientale è decisamente singolare per quanto riguarda l’interazione con la natura ed in particolare con gli alberi, molto più spirituale e rispettoso di altri popoli occidentali.

Così come per i bonsai, un’altra tecnica tipica e molto suggestiva che prevede l’abilità nel plasmare la natura, è lo DAISUGI scritto come 台 杉 letteralmente significa cedro piattaforma. Come per il nostro Yakisugi, dove elementi naturali come il fuoco e l’acqua vengono utilizzati per donare più resistenza al legno (link: https://www.yakisugitalia.it/it/gallery/2), il Daisugi prevede una tecnica naturale per ottenere più resa dalle piante di cedro giapponese e di conseguenza una migliore sostenibilità delle piantagioni.

Infatti, il DAISUGI è una tecnica giapponese di silvicoltura, nata 600 anni fa e utilizzata ancora oggi. Consiste nel far crescere sulla cima di solidi esemplari di cedro di Kitayama degli alberi più leggeri, alti e diritti. A tal fine si usano metodi comuni ai bonsai; l’effetto ottico è magico e surreale, qualcosa che non si riesce nemmeno ad immaginare per quanto fantastico. Nella sostanza non si recide mai un albero dal basso - il quale può raggiungere anche 300 anni - ma le sue propaggini, lasciando il fusto dell’albero libero di prosperare.

Sfruttando solamente questi alberelli che crescono in cima all’albero “madre” e grazie alla loro potatura sapiente questi crescono più dritti, più flessibili, più densi e forti. Il ciclo di taglio è di circa 20 anni, durante questo periodo possono raggiungere dimensioni e caratteristiche ottimamente commerciabili.

Anche se 20 anni possono sembrare tanti, sono davvero pochi rispetto al tradizionale cedro Kitayama. Per mantenere il tronco degli alberi verticalmente dritto e perfettamente liscio, gli operai si arrampicano sui lunghi tronchi ogni tre o quattro anni e potano attentamente i rami che si sviluppano.

Il legno ottenuto è denominato “Taruki”

Ancora una volta si apprende dall’abilità dell’uomo come è possibile utilizzare la natura in maniera rispettosa senza l’utilizzo sistematico e costante di sostanze dall’impatto ambientale devastante. Il tutto creando al tempo stesso vere e proprie aree dal fascino e dall’attrattiva estetica sicuramente spendibili anche da un punto di vista paesaggistico e turistico.

W il Giappone!